DOCUMENTO REDATTO IN OCCAZIONE
DELL’INCONTRO DEL 9 GIUGNO PRESSO LA
SEDE DEL CENTRO STUDI DAL TITOLO:
DOVE VA ALBA ?
Due anni esatti dopo le elezioni comunali del
2009, un incontro per riflettere sul futuro e discutere su quali temi concentrare l’attenzione
Il Centro Studi
promuove questo incontro nella ricorrenza di due anni dalle ultime elezioni
comunali della città e tenendo conto anche dei riflessi nel dibattito politico
delle ultime elezioni amministrative che hanno visto coinvolte importanti città
italiane.
Lo sguardo verso le
tematiche amministrative viene rivolto avendo presenti le prerogative del
Centro Studi che, in passato, ha affrontato tematiche varie relative alla città
e al territorio e sempre avvalendosi della presenza di relatori di profilo.
Il confronto che si
vuole aprire nell’ambito della nostra sede vuole stimolare la partecipazione di
soci e simpatizzanti ed offrire l’occasione per ascoltare opinioni e valutare
se vi sono argomenti che, in modo più significativo, possano impegnare l’attività
del Centro Studi nel prossimo futuro.
Per intanto alcuni
elementi sono alla nostra osservazione e ci permettiamo di indicarli anche per
avviare la discussione…
Dal 2009 ad oggi
-nel periodo
2009-2011 si è replicato un fenomeno già successo dopo le amministrative del
2004. Molte liste e molti candidati si sono confrontati durante le elezioni: un
numero considerevole se si ripensa a quanto succedeva in Alba negli anni ’80 e
’90. Un numero elevato che, a prima vista, potrebbe far pensare ad un forte
desiderio di partecipazione attiva e di molte persone disposte a mettersi in
gioco. Purtroppo, terminate le elezioni, tutti questi protagonisti sono
praticamente scomparsi: salvo qualche sporadico caso, le liste civiche non
hanno più dato segni di presenza, i partiti non hanno offerto affatto né
offrono il messaggio di essere i punti di riferimento di coloro che, eletti,
sono presenti in Giunta e Consiglio Comunale: se si dovesse registrare un dato,
quanti eventi pubblici promossi da partiti politici si ricordano dal luglio
2009 ad oggi?
-quanto sopra fa
emergere due riflessioni:
a) la funzione
delle liste civiche appare strumentale alla competizione elettorale e fa
perdere credibilità a coloro che le hanno promosse. La lista civica, con
l’abusato slogan di coinvolgere “persone della società civile che altrimenti
non si sarebbero riconosciute in una lista di partito” corre il rischio di
rappresentare in realtà una sorta di grimaldello per acchiappare più voti e per
accrescere il numero dei candidati che “corrono” per la coalizione.
Manca invece ogni
respiro vero di progettualità verso il futuro e non si avverte la lista civica
come laboratorio di idee su temi generali o specifici della città.
b) i partiti
risentono di una situazione di crisi che sembra non avere fine. Il peso dei
singoli prevale sul concetto di partito-associazione: in questo contesto i
partiti non svolgono alcuna azione di filtro e mediazione fra l’eletto e la
base dei simpatizzanti.
I riflessi hanno
conseguenze diverse fra maggioranza e opposizione.
Ad Alba, va detto,
storicamente i partiti che sono alla guida della città non hanno mai brillato
per attivismo, quasi demandando il rapporto della base direttamente con gli
eletti. La stessa DC che ha governato
per molti anni la città, aveva negli anni ’80 e ’90 un’attività ridotta a
livello di partito, ma aveva al contempo una rappresentanza di ben 22
consiglieri comunali ed un gruppo consiliare che svolgeva un ruolo importante.
I partiti di
opposizione hanno invece una motivazione più forte per segnare una presenza:
l’assenza di ruoli chiave nella macchina comunale ed i compiti assegnati dalla
competizione elettorale dovrebbero indurre chi sta all’opposizione a tenere un
rapporto più stretto con l’elettorato per alcune fondamentali ragioni: 1) dare
voce ad una vasta parte di soggetti che si sono impegnati nella competizione
elettorale senza successo; 2) ricercare una visibilità diversa che possa
contrapporsi alla forte esposizione mediatica che ha un sindaco o un assessore
nell’opinione pubblica;
3) diventare il
megafono di quanti in città non approvano le scelte della maggioranza dando una
rappresentanza a tanti potenziali e futuri elettori.
Ciascuno potrà
valutare il peso dell’opposizione di centro-destra in città in questi due anni.
A noi pare che
finora l’opposizione abbia rinunciato a svolgere il ruolo che le è proprio
(come sempre facendo salve alcune eccezioni), denotando o incapacità o mancanza
di volontà di svolgere una funzione che è anche propria delle regole del gioco
democratico.
In modo parallelo
va invece rimarcato che le forze politiche utilizzano spesso i mezzi di
informazione per comunicare alla città. E’ una forma praticata da tempo e che
ha caratterizzato anche il biennio appena trascorso.
Le “lettere al
giornale” rischiano però di diventare una sorta di scorciatoia per celare
problemi di organizzazione e di sostanza, seguendo un orientamento purtroppo
consolidato che privilegia ovunque la forma alla sostanza.
Serve di più una
sede dove i cittadini e i simpatizzanti possano incontrarsi a discutere o una
lettera al giornale? Serve di più una fotografia sul giornale o un lavoro di
sostanza fatto per costruire e aggregare?
Una rilettura dei
risultati del 2009 e dei dati di preferenza potrebbe servire per dare una
risposta più meditata ai quesiti.
Parlare di futuro
in città: la singolarità del risultato delle
elezioni comunali e le vicende legate ai ricorsi amministrativi proposti dal
centro destra e poi respinti appartiene inevitabilmente al passato.
L’attualità fa
invece ritenere come il quasi inesistente dibattito politico e la sempre
maggiore propensione a concepire la politica come un fatto di singoli riduca in
modo drastico una capacità di progettazione e di visione del futuro.
Si discute delle
“solite” grandi opere che, peraltro, procedono con tempi lentissimi e indegni
di un Paese moderno e non si affaccia alcun tema nuovo che possa dare respiro
alla città e prospettiva alle nuove generazioni.
Anche temi di
attualità come il nuovo piano regolatore generale non sono oggetto di analisi
particolari che possano stimolare un interesse della città, con il rischio che
la collettività perda i riferimenti sull’importanza che determinate scelte
avranno nel tempo a venire.
Un cantiere simbolo
sta diventando quello del Cortile della Maddalena: se ne parla da anni, la
Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo ha stanziato somme ingenti, eppure si ha
la sensazione di una cantiere fermo.
Sorprende che
nessuno dica o scriva niente e che l’opposizione non faccia sentire la sua
voce. Un fatto che dà ragione a quanti possono pensare che i ritardi per il
nuovo ospedale o per qualche chilometro di strada non sono dovuti solo a
fattori esterni ma ad una qualità amministrativa “interna” che può far
discutere…
Questa carenza di
progettualità e visione del futuro contrasta con la vivacità che Alba ha avuto
in passato e che è stata una delle chiavi per leggere il successo della città e
la capacità di crescita di una comunità a fianco dello sviluppo che i grandi
imprenditori hanno impresso a partire dagli anni ’60. Riteniamo che il Centro Studi, mantenendo una
visione autonoma e aperta al dibattito, possa svolgere una funzione
significativa per analizzare le ragioni di questa carenza che potrebbe, in
futuro, rivelarsi un boomerang per lo sviluppo stesso della città e per le
speranze delle future generazioni.
-la politica come
confronto: la carenza di discussione (più corretto
scrivere di carenza che di assenza per evitare errate generalizzazioni) non
impoverisce solo il rapporto fra elettori ed eletti, ma va a minare anche la
qualità del rapporto democratico fra le forze politiche ed il ruolo che il
Consiglio Comunale può svolgere.
Leggendo la storia
della città dal secondo dopoguerra, emerge come il confronto consiliare fra
maggioranza e opposizione sia sempre stato una risorsa per la crescita della
città e per lo sviluppo della vita democratica. Un confronto rispettoso delle
distinte autonomie e dei ruoli, ma teso verso un obbiettivo comune: il
miglioramento della città e della qualità complessiva della vita dei cittadini.
Il confronto come
occasione di dibattito e di crescita collettiva, l’istituzione come soggetto
che prevale rispetto ai singoli e alle loro ambizioni.
Perché impegnarsi
in politica: l’indagine su atti e comportamenti
può meritare anche un approfondimento su come sia cambiato nel corso di 20 anni
il rapporto fra il singolo e le istituzioni.
Per singolo, in
questo caso, non si intende il cittadino ma quel soggetto che, per ragioni
elettive o grazie ad una nomina, accede ad incarichi di importanza e/o
visibilità.
La sensazione
diffusa è che, ad Alba come altrove forse di più, la ricerca dell’interesse
generale e del bene comune sia subordinata alla tutela della propria posizione
personale.
Tutela della
posizione non implica necessariamente tutela di un interesse.
Sta invece a
significare che il soggetto eletto o designato tende a concepire l’incarico
come una sorta di “ditta individuale” da difendere per il tempo a venire. La
difesa della posizione e del privilegio si pone al di sopra di quelle che sono
le scelte che l’interesse generale richiede e ciò può determinare una forte
confusione nel ruolo e nei comportamenti senza che, peraltro, il soggetto
medesimo commetta illeciti amministrativi o penali.
E’ semplicemente il
riflesso di una condotta in cui si privilegia la difesa del posto a scapito
spesso di scelte che il posto imporrebbe, e che ingenera la convinzione che,
acquisito il “posto”, lo stesso debba durare al di là della temporaneità
propria delle regole democratiche.
Questa tendenza non
era assente nella cosiddetta prima repubblica, ma il bilanciamento della
funzione dei partiti e delle istituzioni aveva sempre frenato possibili
eccessi.
E’ una pratica che,
come detto in precedenza, si è insinuata gradualmente senza essere all’inizio ben
compresa nelle sue conseguenze: anche l’amministrazione del sindaco Rossetto
non è esente da responsabilità in tal senso ed anzi un’analisi attenta deve far
dire che molti dei fatti oggi all’attenzione hanno avuto genesi proprio nel
corso del mandato di Rossetto.
Ora questa sorta di
patologia si è insinuata nel tessuto della politica italiana e non sempre è
stata percepita dalla collettività: il risultato è di una decadenza complessiva
del sistema, di un discredito delle istituzioni e soprattutto di una qualità
amministrativa e politica compromessa dal condizionamento che i singoli operano
sul sistema.
Potrà sembrare
un’affermazione ingenua, ma l’affermazione personale o il semplice vincere
un’elezione passano al di sopra di qualunque seria riflessione sulla qualità
dell’agire in politica e su come proporsi di fronte agli elettori.
E’ una delle
ragioni che hanno portato molte persone a disinteressarsi della vita politica e
che spesso fanno osservare come il cosiddetto “paese reale” sia migliore di
coloro che ci rappresentano.
-come orientarsi: il dibattito che si apre all’interno del Centro Studi porterà
sicuramente a spunti di riflessione, ma va anche posta una questione di maggior
respiro per il tempo a venire, ovvero:
la gravità della
crisi impone o no scelte coraggiose e di più altro profilo?
Il recupero di una
dignità nell’agire in politica vale di più o di meno della classica poltrona o
del posto di potere?
La cosiddetta
visibilità mediatica va ricercata ad ogni prezzo o deve essere conseguenza solo
di scelte di qualità e non di effimere trovate?
In sostanza, e
senza la presunzione di saper leggere nel futuro, può emergere anche la
considerazione che la difesa di buoni e giusti principi valga assai di più che
una vittoria o un compromesso al ribasso. E che la difesa della dignità
dell’agire in politica possa costare qualche sacrificio, ma dare una dimensione
più alta al rapporto con i cittadini e con coloro che ci seguono…
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